A Non-Profit Project devoted to the Baroque Age
Reviews, Articles, Historical Insights, Interviews and the greatest Harpsichord Musical Archive of the World!

buttonhomebuttonmusicbuttonfaqbuttonkontaktbuttonindex

François de Cuvilliés Morceaux de caprice a divers usages (1745; detail) - Dumbarton Oaks, Research Library and Collection, Washington

Bergamo manuscript
THE COMPLETE RECORDING

I-BGi Ms XIV 8751 H.1 (Biblioteca del Civico Istituto Musicale 'Gaetano Donizetti', Bergamo)

FERNANDO DE LUCA cembalo
dedicated to Dr Graham Pont & Dr Andrew Wolley



FERNANDO DE LUCA
harpsichord

Issue 2020-01

Harpsichord Flemish instrument built by F. Granziera (1993) after a Ruckers-Taskin model (Taskin 1780); Pitch A = 415Hz Recording Dates and Location 2017 February 6-7/15-21 & March 2 @ Conservatorio “Pierluigi da Palestrina”, Cagliari (IT)

Fernando De Luca (January 2020)

ARTICOLI CORRELATI

Premessa

Con il termine “manoscritto di Bergamo” ci si riferisce a quel documento musicale (Ms. xiv 8751 h.1) conservato presso la Biblioteca del Conservatorio Gaetano Donizetti di Bergamo, costituito da una serie di partiture autografe di autore anonimo. Questa fonte era già nota da decenni, perlomeno ad una ristretta cerchia di addetti ai lavori, ma è soltanto nel 2016 che il musicologo australiano Graham Pont ne ha svelato l’esistenza ad una più ampia platea di studiosi, nel suo articolo Handel’s Keyboard Sonatas apparso in The Early Keyboard Sonata in Italy and Beyond - R. H. Stewart-MacDonald (ed.) XXI+334 p., 141 b/w ill., 210 x 260 mm, 2016 (pp. 177+).

Nell’ordine originale, i pezzi che si susseguono consistono in: 11 Toccate, una Suite in Sol Maggiore, una Suite in Do Minore, 7 Preludi, una singola Allemande in Sol Minore ed infine un frammento di otto battute.

Il manoscritto fu portato a Bergamo dal famoso violoncellista del XIX secolo, Alfredo Piatti (1822-1901), documento poi confluito nella biblioteca musicale come lascito testamentario del 1916. Negli ultimi 4 decenni dell’800 Piatti visse a Londra, dove ebbe una intensa attività concertistica, e probabilmente fu in quel periodo che acquisì le partiture. Il primo ad attribuire questa musica ad Handel fu lo stesso violoncellista bergamasco, il quale scrisse a matita sul retro della copertina, una prima annotazione “autore / ignoto (?) / Toccate”. Alla quale egli aggiunse successivamente una seconda annotazione accanto alla prima: “non più / ignoto / esso è: / Haendel”.

Tuttavia, la musicologia haendeliana del XX secolo non ha ritenuto che tale fonte dovesse essere presa in minima considerazione, nonostante le interessanti premesse.

Graham Pont e il Babell copista

Nell’articolo del 2016, Pont attribuisce con assoluta certezza la mano del copista a quella di William Babell. D’altra parte, nei suoi articoli precedenti, egli aveva già tentato di identificare la grafia di Babell presente in diverse partiture haendeliane, arrivando a contestare il fatto (noto ed accettato) che il principale copista impiegato da Handel nei primi anni londinesi fosse Johann Christoph Schmidt (1683-1763), padre di J. C. Smith jr. In realtà, secondo Pont, questo ruolo sarebbe da attribuirsi a Babell, musicista nato ad Hannover nel 1688, come recentemente è stato scoperto dalla studiosa R. Ahrendt (*1). Ora, con il manoscritto di Bergamo, Pont si spinge ben oltre, avanzando l’ipotesi che Babell, in quanto copista fidato, possa aver avuto libero accesso alla biblioteca del giovane Handel, copiandone brani e schizzi composti anni prima, in Germania (1700-6) e forse durante il lungo grand tour che lo portò a Roma, Napoli e Venezia (1707-1710).

In definitiva, il manoscritto sarebbe il risultato dell’attività di copista svolta da Babell nel periodo che va dal 1711 (prima rappresentazione del Rinaldo a Londra) al 1723 (anno della sua morte prematura); dalla biblioteca di Handel, Babell avrebbe attinto, forse in parte rielaborandoli, schizzi originali composti probabilmente in Germania. Pont fornisce una serie di concordanze con brani noti di Handel o con alcuni passaggi tipicamente handeliani presenti in composizioni databili proprio nel periodo 1705-1715. In particolare insiste nel far notare la presenza di quei vistosi arpeggi e passaggi virtuosistici delle sezioni introduttive (preludi) di alcune toccate (es. I, II e X), che hanno tutti chiaramente in comune lo stesso materiale tematico e strutturale presente nella famosa cadenza di Vo’ far guerra (dal Rinaldo di Handel) che Babell trascrisse in più versioni (l’ultima delle quali sembra essere stata identificata nel Handel’s Royal Lesson Book, ca.1721, manoscritto conservato a New York - US-NYp Mus. Res. Drexel 5856). Una di queste versioni fu addirittura pubblicata dallo stesso Babell nel 1717, nella sua famosa raccolta di arrangiamenti per tastiera (vedi la nostra pagina del gennaio 2017). Tuttavia, Pont da un lato non approfondisce troppo il tema delle concordanze, e sorvola circa alcuni brani presenti nel manoscritto che appaiono del tutto estranei al carattere del giovane Handel, ammettendo però che Babell possa aver aggiunto del suo. In secondo luogo, lo studioso sembra partire sempre dal presupposto che Babell non avesse capacità autonome in fatto di composizione musicale.

La visione di Pont sembra quindi in linea con quella del critico Charles Burney, che nel XVIII secolo non ebbe alcuna pietà nello stroncare la figura di Babell scrivendo che:

“...egli arrangiava alla tastiera le arie più famose dall’opera Rinaldo e da altre dello stesso periodo, con risultati sì di grande effetto dovuti all’estrema rapidità che sapeva infondere alle sue dita, ma senza gusto, senza espressione, armonia e modulazione, e questo gli bastava a stupire l’ignaro e ad acquisire la reputazione di grande esecutore senza troppi sacrifici. […] Mr Babel, in un sol colpo, riusciva a soddisfare pigrizia e vanità.”

Il nuovo saggio di Andrew Woolley (2018)

Parliamo finalmente del saggio più recente relativo al manoscritto di Bergamo, un lungo articolo scritto quasi in contemporanea con quello di Pont, ma pubblicato due anni dopo. Durante la preparazione dei rispettivi articoli, i due studiosi sono stati in contatto reciproco, condividendo notizie e materiale di studio, pur giungendo a conclusioni sostanzialmente opposte.

Il titolo del saggio di Woolley appare decisamente eloquente: New light on William Babell’s development as a keyboard composer (Early Music, Volume 46, Issue 2, May 2018, Pages 251–270; Oxford University Press). Numerosi sono gli aspetti messi in discussione dallo studioso, a cominciare dai criteri di identificazione della grafia di Babell adottati dal Pont, che secondo Woolley non avrebbero un fondamento sufficientemente comprovabile. Di conseguenza, l’idea avanzata in precedenza, ossia che Babell abbia svolto un ruolo centrale come copista di Handel, non sembra essere accettata. Nel caso specifico del manoscritto di Bergamo, lo studioso concorda generalmente nell’attribuire la grafia a quella di Babell (affiancata però da una seconda mano ben evidente nelle correzioni a matita di alcune toccate, forse del padre Charles Babel o addirittura della sorella Elizabeth). In ogni caso, una conferma importante proviene dall’analisi della filigrana del manoscritto: è la stessa di altri autografi handeliani datati attorno al 1720-21.

La parte più interessante del lavoro di Woolley è senza dubbio quella relativa all’identificazione delle concordanze con brani noti di altri compositori. Da questi risultati appare chiaro che due sono gli autori a cui il manoscritto attinge in gran parte: oltre a possibili prestiti da Handel, ci sono svariati passaggi o interi movimenti presi dal Livre de Sonates à violon seul, op.2 (1710) di Jean-François Dandrieu, che spesso confluiscono nei preludi del manoscritto. Anche nella pubblicazione di Babell del 1717 (Suits of the Most Celebrated Lessons) era stata inclusa l’Aria in Sol Maggiore con variazioni, ricavata dalla stessa fonte di Dandrieu del 1710 (e comparsa nuovamente nel terzo libro per cembalo del 1734 col titolo di La Pompeuse). Anche nella Suite in Sol Maggiore del manoscritto ci sono evidenti tracce di Dandrieu: parliamo della Gavotta con variazioni che corrisponde al sesto movimento di HWV 441, già comparsa sotto diversi titoli nella raccolta di Dandrieu del 1710 (Sonata III/Gavotta) e del 1734 (La Lègère, La Galante). La presenza di HWV 441 nel manoscritto di Bergamo, copiato da William Babell, potrebbe dar ragione al musicologo Terence Best che ne aveva già messo in dubbio l’autenticità (*2): potrebbe dunque essere che la suite sia stata erroneamente aggiunta da Walsh nella pubblicazione del 1733, peraltro mai autorizzata da Handel, con l’eccezione del primo movimento (Allemande) non presente nel manoscritto, forse autentico. Invece, nell’articolo di Woolley nessun cenno alla Suite in Do Minore presente nel manoscritto di Bergamo, una composizione di gran pregio, che potrebbe anch’essa essere messa in relazione con modelli derivati da Dandrieu, ma forse più legata a compositori inglesi coevi, come ad esempio John Loeillet of London (Ndr. come suggerito da Fernando De Luca). Come era già stato osservato da Pont, le Toccate abbondano di passaggi da mettere in relazione con le Suits pubblicate da Babell nel 1717, soprattutto per quanto concerne l’arrangiamento dal già citato Vo’ far guerra di Handel. Woolley ammette che la presenza del Capriccio in Sol Minore HWV 483, come fugato della Toccata Nona tende a complicare ulteriormente il quadro generale di attribuzione: l’autografo di Handel è stato infatti datato con certezza attorno al 1716-17. Sappiamo che Handel riutilizzò l’incipit di HWV 483 in un paio di occasioni successive, ricordiamo solo quella di Alexander’s Feast del 1736, dove il sassone inserisce il soggetto, di spessore drammatico, nel recitativo Now strike the golden lyre again che introduce la seconda parte dell’Ode. Dunque, secondo il musicologo l’interesse di Handel per questo pezzo sarebbe derivato esclusivamente dal soggetto in sé, non per lo sviluppo successivo, piuttosto scarno ed incompatibile con altri esempi di Handel più elaborati (es. HWV 571). Dunque, Woolley non esclude che stavolta sia Handel ad aver copiato il capriccio, sebbene non dal manoscritto di Bergamo che risale ad almeno 3 anni dopo la stesura dell’autografo haendeliano.

Alcune nostre considerazioni aggiuntive e conclusioni

Sia Pont che Woolley sembrano ignorare il fatto che la sonata di Babell (No.2 in Do minore per Oboe/bc), pubblicata postuma da Walsh nel 1725-26 nella raccolta XII Solos with Proper Graces, il secondo movimento (Allegro) presenta la stessa struttura armonica delle ultime battute di HWV 483, cioè il fugato della Toccata 9. Spostandoci invece sulla Toccata 11, Woolley fa giustamente notare che il fugato di questo pezzo compare anche come Preludio nel Third Set delle Celebrated Lessons (Babell 1717). Però egli dimentica di specificare che il soggetto e parte dello sviluppo sono identici al quintetto Dominus a dextris tuis, sesto movimento del Dixit Dominus HWV 232 (Handel 1707). Passando alla Toccata 6, costituita da una gigantesca fuga basata su soggetto corelliano (Op.5, Sonata No.2, secondo movimento), che secondo Woolley non può essere di Handel per la scrittura inutilmente lunga, andrebbe però analizzata ulteriormente. Alcuni passaggi della fuga richiamano ad ovvie origini haendeliane: la progressione in semicrome molto ricorrente in tutta la fuga è un tipico cliché haendeliano che ritroviamo nella Sonata per oboe in do minore HWV 366 (secondo movimento) alla battuta 31, linea del basso (composizione databile a Londra ca. 1711). La stessa progressione in semicrome nel basso Handel l’ha riutilizzata più volte, ad esempio nella Overture di Esther (terzo movimento), la cui prima versione risale al 1718 (Cannons).

L’opinione di Woolley, piuttosto convincente, è dunque quella di inquadrare questo manoscritto come una sorta di “quaderno personale” che Babell potrebbe aver impostato (ed altri, corretto successivamente). Probabilmente, allo scopo di gettare su carta una sequenza di Toccate, Preludi ed altri brani utili alle proprie esibizioni pubbliche da virtuoso (Ndr. tipo quelle citate dal Burney). Resta invece aperto il nodo sostanziale relativo alla capacità da parte di Babell di comporre brani in autonomia, pur considerando che questa non fosse una priorità per lo scopo ultimo (esibizioni estemporanee) del quaderno.

Non è neppure da escludere la tesi di Pont, ossia l’idea che Babell abbia attinto da brani di Handel molto giovanili (anche composti ben prima di approdare in Italia), in particolare per impostare i fugati delle Toccate. Se è vero che molti tendono a legittimare la validità della connessione logica “musica banale o imperfetta” -> “non può essere di Handel”, noi non possiamo d’altra parte ignorare ciò che disse Mattheson (Ehrenpforte, 1740) a proposito degli anni di Amburgo:

“[...] A quel tempo Händel aveva composto moltissime arie e un numero infinito di cantate, perfette sul piano armonico, anche se prive di adeguata esperienza e di gusto

e disse ancora: (Ndr. probabilmente riferendosi alla sua attività di organista)

“Händel non aveva pratica di melodia, ma era più esperto di Kuhnau nelle fughe e nel contrappunto”

In altre parole, se Mattheson affermò che Handel attorno al 1703 era “forte” in armonia e contrappunto, ma ancora un “modesto melodista”, allora non tutte le provocazioni di Pont saranno così assurde come può sembrare.

L’interpretazione di Fernando De Luca

La registrazione integrale del manoscritto che presentiamo qui è stata realizzata nel febbraio 2017 al Conservatorio “Pierluigi da Palestrina” di Cagliari, come “prima lettura” preliminare alla registrazione successiva di Roma, destinata invece alla versione commerciale di Urania Records. Questa nostra versione, a differenza del CD, è davvero integrale visto che include non solo le 11 Toccate ed i 7 Preludi, ma anche le 2 Suite con la Allemande sciolta. Fatta eccezione per le Toccate, l’ordine dei brani qui presentato non rispetta quello originale del manoscritto (descritto all’inizio di questo articolo), avendo scelto di inserire i Preludi e le Suites in posizioni diverse, compatibilmente con la tonalità dei brani adiacenti. L’interprete e noi tutti ringraziamo Graham Pont per aver fornito in anteprima la copia del manoscritto nel gennaio 2017, ed entrambi gli studiosi, Pont e Woolley a cui questa pagina è dedicata.

Marco De Gregorio --- saladelcembalo.org
Roma, 12 gennaio 2020

Note

(*1) Rebekah Ahrendt ‘The Babel[l]s, between Hanover and London’, at the 17th Biennial International Conference on Baroque Music (Canterbury, 13–17 July 2016).

(*2) Il fugato della Toccata Nona corrisponde al noto Capriccio in Sol Minore, HWV 483; la Suite in G corrisponde ad HWV 441 eccetto il primo movimento HWV441/1 mancante.

handelvauxhall1frenchkeybobliq

HOME & NEWS - Newsletter

cccommons

Legal Stuff - Privacy and Cookies

Many thanks to all the volunteers
of saladelcembalo.org!

buttonhome1buttonmusic1buttonfaq1buttonkontakt1buttonindex1cccommons