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J. Maurer A Perspective View of Vaux Hall Garden (1744) - unknown location

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RICHARDJones
(1670? - London 1744)

[6] SUITS OR SETTS OF LESSONS
(London 1732)

FERNANDO DE LUCA
harpsichord

Issue 2018-14

Recorded in Cagliari: 2017 June 12, 24, 26-27
Flemish harpsichord built by F. Granziera (1993) after a Ruckers-Taskin model (Taskin 1780); Pitch A=415Hz

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Ritorniamo sulla raccolta di Lessons per tastiera dell’inglese Richard Jones, registrate integralmente e stavolta con l’impiego di strumentazione audio-recording più che decente. Ricordiamo infatti che, tra le prime interpretazioni del maestro De Luca realizzate per il nostro sito, figuravano proprio le suite di Jones, pubblicate nel corso del 2007. A quei tempi, con il progetto del sito agli albori, non ci si era ancora muniti di strumenti tecnici di livello perlomeno semi-professionale, e probabilmente neppure ci si aspettava di doverne avere. Chi segue il sito da tutti questi anni si è accorto, naturalmente, che il maestro è stato dotato di apparecchiature per registrazione via via sempre migliori, differenziate per strumento (tra i 3 diversi impiegati dal De Luca fino ad oggi) e luogo d’esecuzione (generalmente Roma, Venezia e Cagliari). Tutto questo, è bene notarlo, sempre compatibilmente con le limitate disponibilità economiche e quasi sempre in assenza di un tecnico audio stabile. Era quindi doveroso ripetere alcune delle vecchie registrazioni: per Jones la cosa è avvenuta nel giugno 2017 sul Ruckers-Taskin del 1780, ossia il cembalo spesso impiegato dal maestro in quel di Cagliari. Lo stesso dovrà necessariamente avvenire per altre bellissime pagine già registrate “in economia”, in particolare molte di Handel, ma anche Dornel, Boismortier, Grünewald, Chilcot, Février e pochi altri.

Queste Suits of Lessons rappresentano un unicum tra le numerose raccolte a stampa apparse in terra d’oltremanica durante la prima metà del XVIII secolo. Per la maggior parte dei compositori inglesi coevi, come Greene, Roseingrave, Stanley e Boyce, solo per citarne una minima parte, pubblicare pezzi per cembalo doveva essere senz’altro scontato, essendo loro stessi tastieristi virtuosi e rinomati insegnanti di cembalo e organo. Inoltre, dopo la pubblicazione delle Great Suites da parte di Handel nel 1720, la piazza di Londra era ormai diventata una delle principali in Europa dove pubblicare sonate e raccolte di pezzi per tastiera, una tendenza in crescendo che continuerà per tutto il secolo con ovvie implicazioni commerciali. Anche Richard Jones seguì questa strada, pur essendo l’acclamato violinista a capo dell’orchestra del teatro di Drury Lane già attorno al 1730. Non conosciamo molte altre notizie sulla sua attività artistica di questi anni, ma ancor meno è noto della sua vita a cominciare da luogo e data di nascita, quest’ultima probabilmente compresa negli ultimi 2 decenni del XVII secolo. Dunque, per motivi solo apparentemente oscuri il violinista decise di pubblicare nel 1732 questi suoi pezzi in una versione per tastiera (cembalo o spinetta); non possiamo neppure escludere che, in un certo periodo della sua vita, possa esserci stato un reale interessamento verso le pubblicazioni di musica per tastiera, avvenute nei pochi anni precedenti, sia in Inghilterra che sul continente (viene spontaneo chiedersi se Jones abbia mai avuto accesso a certe partiture di autori italiani e tedeschi, tra queste i 30 Essercizi di Scarlatti e le 6 Partite di Bach, entrambe opere di fresca pubblicazione). Comunque, tutto ciò non impedì al musicista inglese di dare alle stampe nel 1741 una nuova raccolta di altre 6 suites, stavolta per violino e basso continuo.

È evidente come la scrittura ed il linguaggio nelle Lessons sia prettamente violinistica, e non è il loro unico elemento caratterizzante. C’è un apparente disordine, o diremmo meglio, varietà strutturale di questi Setts che emerge al primo impatto. Solo alcuni presentano un Prelude in apertura, altri contengono due Gigue, oppure due Sarabande, nella quinta suite in si minore c’è addirittura una Corrente posta a chiusura del gruppo, mentre la sesta è composta da ben 12 brani in tonalità multiple. Questa grande libertà si estende anche alla musica, allo stile ed al linguaggio, melodicamente vicini alla scuola italiana, ma non necessariamente allo stile galante che viene appena sfiorato. C’è una incredibile varietà di riferimenti, alla drammaticità e sensualità del linguaggio operistico, a certo pathos proprio dei concerti per violino ed archi vivaldiani, con anche elementi presi dalla musica popolare di origine britannica, soprattutto nell’ultima suite. La quarta suite, in la minore, contiene musica di bellezza straordinaria, a cominciare dal Largo d’apertura, intenso e passionale, seguito da una serie di movimenti che la rendono forse (assieme alla quinta in si minore, che inizia con un Prelude in tempo puntato, come fosse una ouverture alla francese) quella più in linea con lo standard tardo-barocco, per equilibrio formale e compiutezza.

saladelcembalo.org
27 novembre 2018

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