Nicola Porpora: Germanico in Germania (1732)
Germanico: Max Emanuel Cenčić Arminio: Mary-Ellen Nesi Rosmonda: Dilyara Idrisova Cecina: Hasnaa Bennani Ersinda: Julia Lezhneva Segeste: Juan Sancho
Capella Cracoviensis dir. Jan Tomasz Adamus
Decca 483 1523 (3 CD)
opera riprende la storia di Arminio, il principe tedesco che diventò cittadino romano ma poi tradì Roma e il governatore della Germania, Publio Quintilio Varo, infliggendogli una famosa sconfitta nella foresta di Teutoburgo (9 d.C.). Antonio Salvi ne trasse un libretto messo in musica da Alessandro Scarlatti nel 1703, e riutilizzato in seguito da diversi altri compositori, fra i quali Caldara (1704), Hasse (1730) e Handel (1737).
Porpora si basò invece sul libretto di Nicola Coluzzi, che racconta una fase successiva della storia di Arminio, cioè la sua sconfitta da parte del generale romano Germanico (16 d.C.). Nella vicenda fu decisivo l’appoggio dato ai Romani da Segeste, suocero di Arminio, come pure è personaggio storico Cecina, luogotenente di Germanico. Il nome della moglie di Arminio venne da Coluzzi modificato in Rosmonda, mentre Salvi aveva mantenuto l’originale Tusnelda: in entrambi i libretti la donna svolge un ruolo centrale, tanto fedele al marito e alla Germania quanto nemica del padre traditore e di Roma. L’unico personaggio di fantasia del libretto è quindi Ersinda, sorella di Rosmonda, innamorata di Cecina e sostenitrice dei Romani.
Dopo un primo atto in cui viene presentata la situazione, all’inizio del secondo atto si svolge la battaglia in cui Arminio viene sconfitto e fatto prigioniero. Da questo punto in poi la vicenda si concentra sulle relazioni psicologiche tra i personaggi ed in particolare sull’irriducibile fierezza di Arminio, che non cede alle lusinghe di Roma neppure di fronte alle minacce di morte, sostenuto sempre dalla moglie Rosmonda. Soltanto alla fine, di fronte alla prospettiva di rimanere in vita ma lontano dalla moglie e dal figlio, si convince a diventare alleato dei Romani, conducendo così la storia al suo lieto fine.
Se il libretto non è particolarmente avvincente, in compenso la musica di Porpora è notevolissima e ci dà copiosi esempi della sua maestria nello scrivere per la voce. Il primo atto serve a Porpora per delineare i personaggi, non solo dal punto di vista drammaturgico, ma anche da quello vocale; poi nel secondo atto, proprio quando l’azione lascia il posto alle vicende interiori dei personaggi, si trovano le cose più belle.
La coppia principale è formata da Rosmonda e Arminio, la cui tormentata relazione costituisce il cuore del racconto. Non è un caso che a loro siano affidati gli unici brani d’insieme dell’opera: lo splendido duetto Se viver non poss’io e il terzetto con Germanico che conclude il secondo atto. Le loro arie sono tutte bellissime: le cinque di Rosmonda si segnalano fin dall’inizio per il loro spiccato virtuosismo (Rivolgi a me le ciglia nel primo atto e Priva del caro sposo nel secondo), ma occorre segnalare soprattutto la meravigliosa Son qual misero naviglio alla fine del primo atto, dove il soprano duetta con un corno obbligato. Le quattro arie di Arminio sono più drammatiche, toccando il culmine nel secondo atto con l’intensa Parto, ti lascio o cara. A lui sono affidati inoltre ben tre recitativi accompagnati.
La coppia cadetta Ersinda-Cecina è molto più disimpegnata dal punto di vista drammatico, ma la loro presenza in scena, tutta centrata sul futuro del loro amore e sulle reciproche gelosie, fa da contrappeso alla disperazione della coppia principale. Anche con loro Porpora non si risparmia: Ersinda canta cinque arie come Rosmonda, tutte brillanti e virtuosistiche, fra le quali segnalo in particolare Sorge dall’onde nel secondo atto, mentre Cecina canta solo quattro arie ma tutte molto ampie e di eccellente fattura: se la sua cifra preferita è la cantabilità di Splende per mille amanti o di Serbare amore e fede, non manca un’aria di bravura come l’eroica Se dopo ria procella, anche questa con i corni in evidenza.
Germanico, oltre al terzetto che chiude il secondo atto, canta quattro ampie arie, fra le quali si segnalano Qual turbine che scende nel primo atto e la meditativa Nasce da valle impura nel secondo. Segeste deve accontentarsi di un recitativo accompagnato e di tre arie, in cui comunque può far sfoggio di un notevole virtuosismo vocale.
Alla prima dell’opera, andata in scena al Teatro Capranica di Roma nel febbraio 1732, i due ruoli maschili principali furono interpretati da Gaetano Majorano detto Caffarelli (Arminio) e Domenico Annibali (Germanico). Caffarelli era stato alunno proprio di Porpora ed entrambi i cantanti si esibiranno a Londra per Handel negli anni successivi: in particolare Annibali darà voce ad Arminio nell’omonima opera. Nei ruoli di Rosmonda ed Ersinda cantarono altri due famosi castrati, Angelo Monticelli e Felice Salimbeni, mentre il ruolo di Cecina fu affidato al soprano Agostino Fontana.
Questo cofanetto riempie un’importante lacuna nel mercato discografico: sebbene Porpora sia stato uno dei principali operisti del Settecento, le altre sue due opere di cui esistono registrazioni commerciali (Arianna in Nasso da Bongiovanni e Semiramide riconosciuta da Kicco Records), soffrono infatti in maniera determinante la presenza di cast non del tutto adeguati all’esuberante scrittura vocale di Porpora.
Per qualche benigno influsso del fato, invece, in questa registrazione possiamo ascoltare dei cantanti in grado di rendere giustizia al grande maestro napoletano. Notevolissimi in particolare i contributi di Dilyara Idrisova e Julia Lezhneva nelle due parti femminili: due fra le poche cantanti in circolazione che sono in grado di restituirci le arie di Porpora con tutti i trilli e gli abbellimenti previsti e con dei da capo fioriti in modo opportuno (anche se in qualche passaggio la Idrisova cede alla tentazione di semplificare il da capo rispetto all’originale). Ascoltarle è un puro godimento e non si può far a meno di pensare che il loro modo di cantare sia molto vicino a quello che si poteva ascoltare nel Settecento. Se la Lezhneva era già una certezza, la Idrisova è stata una piacevolissima scoperta.
Mary-Ellen Nesi non ha la stessa facilità nei trilli, ma nel caso di Arminio più che l’agilità della voce è importante conferire al personaggio una grande intensità tragica, cosa che riesce magnificamente alla cantante. Hasnaa Bennani, dal canto suo, è perfettamente a suo agio nel ruolo meno impegnato dell’amoroso Cecina, mentre il tenore Juan Sancho se la cava bene nelle non facili agilità, anche se la sua voce non è bellissima. Nella mia personale classifica il cantante che meno mi ha soddisfatto è stato proprio Max Emanuel Cencic nel ruolo del titolo: mostra come al solito una grandissima conoscenza del canto barocco, non supportata da una voce altrettanto buona. Però devo ringraziarlo, nella sua veste di produttore, per essere riuscito ad incidere l’opera nella sua versione integrale e per non averci inflitto almeno questa volta i suoi soliti colleghi controtenori.
Il direttore Jan Tomasz Adamus si dimostra ottimo concertatore e la sua orchestra suona benissimo, forse con qualche lieve sbavatura dei corni. Mi sono piaciute in particolare le sue scelte di tempo, sempre volte a favorire la musica e i cantanti. Le variazioni nei da capo sono molto ben studiate, ed i recitativi sono declamati con ottima pronuncia e grande impegno da tutti i cantanti. La loro riproposta integrale è stata un’impresa di cui ringraziare tutto il cast, anche se nei passaggi più lunghi affiora a tratti un po’ di stanchezza e se a volte sono stati eseguiti un po’ troppo “a tempo”. Mi auguro che l’alto livello raggiunto in questa produzione spinga gli interpreti a continuare con questo tipo di proposte anche nei prossimi anni.
Maurizio Frigeni, 24 gennaio 2018
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